Il Professor Giorgio Di Lecce, docente di Storia della Danza e Mimo presso l’Università di Lecce, ha quindi esposto l’interessante storia del tarantismo dal punto di vista etnico, medico e religioso. In particolare sono state evidenziate le tappe fondamentali di questo stravagante fenomeno attraverso gli scritti che nei secoli ci sono stati lasciati e tramandati, partendo da Senofonte (400 a.C.) sino a raggiungere Gertsoh-Ennik in anni recenti (1983). Gia gli antichi Romani distinguevano infatti i ragni dal morso non pericoloso chiamati “aracni” da quelli veleniferi chiamati “phalangi” e la medicina antica si appoggiava a due diversi rimedi per far fronte alla sintomatologia dovuta al morso degli aracnidi. Il primo era un unguento, chiamato “Triaca” o “Theriaca” (un bizzarro miscuglio di erbe e di carne di vipera), il secondo, praticato in poche regioni tra cui Puglia e Sardegna, era la danza e la musica. A questo proposito è utile ricordare che il siero anti-Latrodectus è stato sintetizzato solo nel 1953. Quasi due millenni e mezzo che testimoniano l’importanza - anche storica - del rapporto tra uomo e ragno. La meloterapia, vale a dire la cura di alcune patologie per mezzo della musica e della danza, applicata alle persone colpite da morso di ragno, chiamate Tarante o Tarantate in Puglia o Argìa o Argia in Sardegna, pare riuscisse effettivamente ad alleviare le sofferenze dovute all’avvelenamento. Una conferma scientifica a tutto ciò arriverà solo nel 1979, quando un neurofarmacologo statunitense scoprirà per via sperimentale che i movimenti convulsi ed estenuanti della danza provocano nel corpo il rilascio di endorfine la cui azione, unita all’ingestione di molta acqua per indurre il vomito, effettivamente risulta lenitiva e talvolta conduce alla guarigione clinica. Si è specificato guarigione “clinica” perché ogni anno le persone tarante, più o meno nello stesso periodo, pare ritornino a star male e hanno nuovamente bisogno della danza per ritrovare la salute. In alcuni casi il rituale è stato eseguito per 20 anni consecutivi. I ragni implicati erano essenzialmente due, la Lycosa tarentula, che faceva da capro espiatorio per via dell’aspetto vistoso e per il morso doloroso (anche se praticamente innocuo) e la ben più pericolosa Latrodectus tredecimguttatus, meglio conosciuta come Malmignatta, ragno bottone o Volterrano, dal morso quasi indolore ma dalle conseguenze ben più gravi. Le vittime erano essenzialmente braccianti agricoli che lavoravano in ambienti in cui tali aracnidi sono diffusi. Ancora oggi rimane traccia di questi consuetudini. In passato infatti molti Tarantati si riunivano ogni giugno, in veri e propri raduni. Anche la Chiesa s’interessò alla vicenda e non potendo classificare l'evento come eretico né tantomeno a estirparlo dalla mente popolare, si appropriò dell’evento, associandolo a svariati Santi protettori. I raduni sono divenuti oggi pellegrinaggi verso la cappella del santo per chiedere la grazia e non sono altro che il retaggio di questi antichi rituali di guarigione. Ne è un esempio la festa di San Paolo a Galatina, ogni 29 giugno, che un tempo vedeva l'arrivo in paese di centinaia di persone vittime della tarantola. Le fondamenta della straordinaria fecondità della
pratica del ballo come antidoto al veleno dei ragni non sono mai state
svelate. Le ipotesi sono molteplici: psicosi, autosuggestione, altre
patologie, ma ciò non toglie che, nel 1960, i casi di “danza”
erano ancora un centinaio. Gianluca Di Sario - Luca Lodi
|
All right reserved © Copyright 1998-2002 Aracnofilia - Centro Studi sugli Aracnidi |